Diventare genitori affidatari è un gesto di grande responsabilità e generosità, ma anche una sfida complessa dal punto di vista emotivo, educativo e relazionale. L’affido familiare nasce per garantire a bambini e ragazzi in situazioni difficili un ambiente protetto, accogliente e stabile, in cui possano crescere serenamente, senza spezzare il legame con la famiglia d’origine.
Tuttavia, accogliere un minore nella propria casa significa affrontare una relazione delicata, fatta di aspettative, timori, traumi da rielaborare e bisogni da comprendere. In questo articolo vedremo cosa significa essere genitori affidatari e quali sono le buone pratiche per costruire un rapporto solido e affettuoso con il bambino affidato.
Chi sono i genitori affidatari
I genitori affidatari sono persone o coppie che si prendono cura, temporaneamente, di un minore allontanato dalla famiglia d’origine per motivi di disagio, trascuratezza, maltrattamento o altre situazioni critiche. A differenza dell’adozione, l’affido non interrompe il legame giuridico con la famiglia biologica, e ha lo scopo di offrire al bambino un contesto affettivo stabile, in attesa che la situazione familiare si risolva o si definisca un nuovo progetto di vita.
La durata dell’affido può variare da pochi mesi ad alcuni anni, e richiede una grande capacità di accoglienza, flessibilità e consapevolezza delle dinamiche affettive in gioco.
Le sfide emotive dell’affido familiare
Accogliere un bambino in affido significa entrare in relazione con una storia spesso segnata da traumi, perdite o discontinuità affettive. Il minore può manifestare diffidenza, rabbia, rifiuto o chiusura emotiva, e in alcuni casi alternare momenti di forte attaccamento a reazioni oppositive. Questi comportamenti non vanno interpretati come “capricci”, ma come tentativi di protezione da ulteriori ferite.
Allo stesso tempo, anche per i genitori affidatari l’affido può attivare emozioni intense: dal desiderio di offrire affetto, al timore di non essere accettati, fino alla difficoltà di gestire il distacco quando l’affido finisce. Per questo, è fondamentale che gli affidatari siano preparati e accompagnati da professionisti, e che possano contare su una rete di sostegno psicologico, formativo e sociale.
Come costruire una relazione sana con il minore in affido
Ogni bambino in affido ha alle spalle una storia unica e spesso dolorosa. È importante accogliere la sua identità, i suoi ricordi, le sue abitudini, senza cercare di cancellare il passato o sostituirsi alla famiglia biologica. Il rispetto per la sua storia è il primo passo per costruire un rapporto di fiducia e sicurezza.
La fiducia non si impone, si conquista. I bambini che hanno vissuto situazioni traumatiche possono impiegare molto tempo prima di sentirsi al sicuro. I genitori affidatari devono saper essere pazienti, presenti e coerenti. Offrire una routine stabile, ascoltare con empatia e non forzare il legame emotivo sono elementi chiave per facilitare l’apertura del bambino.
Ogni bambino ha i suoi tempi e i suoi modi. Fare paragoni con altri figli o aspettarsi risultati immediati può generare frustrazione in entrambi. È importante concentrarsi sul percorso individuale del bambino, valorizzando anche i piccoli progressi e accogliendo con comprensione le sue difficoltà.
Molti bambini in affido hanno difficoltà a riconoscere e gestire le proprie emozioni. Creare un ambiente in cui il bambino si senta libero di parlare, di esprimere paure o rabbia, senza sentirsi giudicato, è fondamentale per la sua crescita emotiva. Attraverso il gioco, il disegno, la narrazione o semplicemente con la presenza affettuosa, è possibile aprire spazi di elaborazione.
Le emozioni degli affidatari: tra amore, attesa e distacco
Essere genitori affidatari significa amare sapendo che, prima o poi, si dovrà lasciar andare. Questa consapevolezza può essere dolorosa, ma anche profondamente generativa. L’affido non è solo un dono per chi lo riceve, ma anche un’occasione di crescita umana per chi lo offre.
Il legame che si crea con il bambino affidato può durare anche dopo la fine dell’affido, sotto forma di un rapporto continuo, di un ricordo significativo o semplicemente nella consapevolezza di aver fatto la differenza nella sua vita.
Il ruolo della psicoterapia per affidatari e minori
Un supporto psicologico, sia per i bambini che per gli affidatari, può essere molto utile in ogni fase dell’affido. Per i minori, la psicoterapia rappresenta uno spazio sicuro in cui dare voce al dolore, affrontare le paure e costruire nuove modalità di relazione.
Per i genitori affidatari, invece, può diventare un’occasione per elaborare le proprie emozioni, rafforzare le competenze relazionali e confrontarsi su dubbi e difficoltà. In particolare, la terapia può aiutare a gestire i momenti critici del percorso, come l’inserimento, le crisi emotive del minore o la conclusione dell’affido.
Commenti recenti